Skip to Content

Marco Bizzarri: la tecnologia rimane al servizio della creatività

Marco Bizzarri, CEO di Gucci, su tecnologia, creatività, talento

Il CEO di Gucci Marco Bizzarri dialoga con Marc Benioff in occasione del Dreamforce appena trascorso: la centralità della creatività, dell'intuizione e il loro rapporto con la tecnologia al centro della conversazione fra i due visionari.

Uno dei momenti più attesi del Dreamforce appena trascorso è stato il dialogo tra Marc Benioff e Marco Bizzarri, Presidente e CEO di Gucci. Lo scambio tra i due non ha deluso le aspettative, regalando al pubblico un confronto ricco di stimoli e decisamente visionario.

Marco Bizzarri è rappresentante genuino dell’inconfondibile stile italiano. Nato vicino a Modena, a Maranello: casa della Ferrari, della Lamborghini e dove Massimo Bottura ha il suo ristorante. Marco si definisce un privilegiato, per diverse ragioni. Innanzitutto perché circondato da straordinari talenti che lavorano con lui in questo settore, sia nel design che negli affari; in secondo luogo, perché nato in Italia, patria della bellezza il cui stendardo più raffinato è quello che si leva a Firenze sin dai tempi dei Medici: la stessa Firenze dove Gucci oggi ha la sua sede.

In Italia non c’è altra possibilità che essere circondati dalla bellezza e dalla creatività: ecco perché molte aziende di moda hanno sede in Italia. Proprio per questa peculiarità e per le famiglie che vi lavorano da generazioni, questo tipo di attività non può essere replicato in nessuna parte del mondo.

Mr. Bizzarri, da Firenze a San Francisco. Perché siete a Dreamforce?

Siamo a Dreamforce perché per noi è fondamentale fondere conoscenze tecnologiche e abilità umane: questo sarà sempre di più l’elemento di differenziazione per il nostro posizionamento sul mercato. Solo nel fast fashion si può fare affidamento unicamente sui dati, nel nostro business è necessario fare affidamento sulle persone: questo è il vero carattere distintivo per noi. La tecnologia deve essere utilizzata non solo come strumento, ma come forma di espressione. Se usiamo semplicemente la tecnologia come strumento, non saremo in grado di differenziarci.

È fondamentale pensare alle persone, soprattutto in rapporto alla tecnologia e al modo in cui essa sta cambiando. È questa la strada?

Credo sia l’unica strada. Nella nostra attività, la creatività è al centro di tutto. Il modo migliore per promuoverla è fornire ai talenti la possibilità di esprimersi liberamente. Senso di appartenenza, felicità, rispetto per le persone e per l’ambiente, libertà di espressione: devono essere questi i codici del contesto in cui operiamo, un ambiente in cui se si commette un errore, non si viene puniti. Nella nostra attività prendiamo dei rischi, proviamo a cambiare l’estetica, dobbiamo prevedere cosa accadrà tra 18 e 24 mesi in termini di comportamento del consumatore. I dati oggi non sono in grado di dircelo, dobbiamo fidarci della creatività e dell’intuizione dei nostri talenti.

Come stai portando i tuoi valori in azienda?

È necessario dare l’esempio ogni giorno. Quando sono entrato in Gucci, abbiamo compiuto un’inversione di tendenza completa da un punto di vista sia estetico, sia commerciale. La prima reazione è stata molto critica, soprattutto da parte dei concorrenti che pensavano che la rivoluzione estetica in atto fosse troppo brusca. Dopo un anno, dopo i primi risultati, hanno detto che non sarebbe durata. Dopo 3 anni, quando l’azienda cresceva del 40% anno su anno, si sono detti: “Ok, abbiamo un problema”.

Ma per essere sicuro che le 10.000 persone di Gucci in quel momento fossero in grado di capire perché e come volevamo cambiare, avevo bisogno di parlare con loro. Ho viaggiato in tutto il mondo per 3 mesi, spiegando loro perché fosse necessario un cambiamento. Si trattava di una necessità perché l’azienda non stava andando particolarmente bene, ma era anche un modo per cambiarne la cultura.

Hai impresso una netta accelerazione alla crescita dell’azienda, ne hai raddoppiato le dimensioni e Gucci oggi è il marchio dell’alta moda in più rapida crescita. Come hai guidato lo stesso team a triplicare la performance?

Devi credere nelle idee. Quando credi nelle idee, non c’è piano finanziario che tenga. Certo, devi essere efficiente in termini di costi, ma ciò viene dopo: all’inizio devi fidarti della persona che ti sta proponendo un design che forse non capisci, perché hai una sensibilità creativa diversa, magari non da designer. Ma devi fidarti, vedere, cogliere alcuni segnali che vedi in giro: quando Alessandro Michele (il Direttore Creativo di Gucci, nda) ha fatto la prima sfilata, le uniche persone che lo hanno elogiato sono state Anna Wintour e Marc Jacobs, persone che sanno individuare un genio. Nel nostro settore dobbiamo anticipare, puoi anticipare solo con il talento creativo delle persone. Ecco perché investiamo così tanto nelle persone, nella formazione.

Hai anche dedicato tempo e attenzione al profilo dell’azienda in termini di valori. Hai creato programmi di volontariato, programmi a difesa dell’ambiente…

I valori si legano a doppio filo ai cambiamenti dell’estetica. Il programma Changemaker di Gucci è qualcosa che abbiamo iniziato un anno fa ispirati dal modello dell’1% di Salesforce.

Noi di Gucci pensiamo che la diversità sia un punto di forza per la creatività. Abbiamo coinvolto 12 università e individuato 50 talenti che collaboreranno con Alessandro: è molto eclettico ma molto aperto al contributo esterno. La digitalizzazione ha aiutato molto: è stato in grado di scovare molti dei talenti con cui ha collaborato in giro per il mondo, dando loro la possibilità di esprimersi attraverso Gucci. Erano completamente sconosciuti, li ha portati in passerella e ora sono designer di successo.

La sostenibilità è un altro fattore fondamentale: se pensi a diversi modi di utilizzare materiali, di gestire le emissioni di gas serra, ti impegni per essere innovativo. È difficile essere sostenibili in un’azienda che ha 100 anni, il nostro modello di business è molto vecchio e consolidato, quindi è complesso da riscrivere. Se includiamo la catena di approvvigionamento, specialmente per aziende come la nostra, stiamo inquinando. Anche se fissiamo l’obiettivo per il 2050 di essere a emissioni zero, sarà troppo tardi: dobbiamo muoverci ora.

Ad oggi, abbiamo molti obiettivi: il primo è relativo alla catena di approvvigionamento. Rappresenta dall’80 al 90% di tutte le emissioni di gas, quindi se non agisci su quel processo, fai molto poco. Dobbiamo proteggere la biodiversità, tracciare ciò che fai (in Gucci, abbiamo già la piena tracciabilità di ogni prodotto). La tecnologia oggi non è al livello che ci consentirebbe di ottenere emissioni zero.

Come detto, questa attenzione rinnovata per i valori aziendali si sposa con una crescita eccezionale dell’azienda. C’è un legame fra le due cose?

Le prestazioni sono solo una conseguenza: se non fai le cose giuste in termini di valori, estetica, messaggio, non avrai risultati finanziari. Non inizio mai a guardare l’obiettivo in termini di numeri: i numeri sono conseguenze delle scelte, di qualcosa di più qualitativo, di avere le persone giuste e fare le cose giuste in termini di strategia … e poi seguiranno i risultati finanziari.

Vuoi rivedere il dialogo nella sua interezza? Puoi farlo cliccando qui: https://www.youtube.com/watch?v=voyMrmBGLkA

Salesforce Italia

I nostri blog post direttamente nella tua casella di posta: iscriviti per ricevere la nostra newsletter bisettimanale!