CareApt: curare le malattie neurodegenerative con il supporto della tecnologia

CareApt: curare le malattie neurodegenerative con il supporto della tecnologia

 

La start-up del gruppo Zambon offre un servizio di teleassistenza infermieristica, fondato su una piattaforma digitale basata sulla medicina collaborativa: il benessere del paziente e della famiglia dell'assistito è al centro.

Creare un nuovo modello di cura delle patologie croniche, fortemente orientato a garantire continuità assistenziale per mitigare l’impatto della malattia sulla qualità della vita di pazienti e familiari. E in grado di aiutare a rendere sostenibili i costi di gestione di queste malattie. Non è decisamente un compito facile quello che si è proposta CareApt - Aptitude for Care, startup fondata da ZCube, il Research Venture del gruppo farmaceutico Zambon. Il percorso di sperimentazione che hanno intrapreso Orientina Di Giovanni, General Manager e il team di CareApt, è una grande sfida, fatta di passione e di innovazione, di tecnologie e di competenze cliniche. Per una buona causa: testare sul campo le potenzialità di avanzate modalità di assistenza dei pazienti ed essere un punto di partenza per l’applicazione ad altre patologie croniche di modelli di sanità connessa.
 
 
Orientina Di Giovanni
General Manager, CareApt
 
 
 

CareApt a Salesforce Live: Italy

Orientina Di Giovanni, durante Salesforce Live: Italy 2021, ci racconta il percorso di trasformazione digitale di CareApt. 
 
 
 

1. Lo scenario di partenza

In Italia vi sono 14 milioni di persone con una o più malattie croniche che diventeranno 24 milioni nel 2028, per effetto dell’invecchiamento della popolazione. La sfida della cronicità rappresenta il banco di prova del nostro modello di sanità. Dopo il Covid che ha colpito in modo particolare le persone anziane e fragili evidenziando la debolezza del nostro modello di sanità territoriale, la sfida della cronicità diventa anche più urgente. Come faremo a garantire a tutte queste persone un sistema di cure adeguato se già oggi esse assorbono l’80% delle risorse sanitarie?

Il ruolo che la tecnologia può svolgere in questa sfida è decisivo. È il fattore abilitante che può davvero trasformare “la casa nel primo luogo di cura” come si prefigge il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Relienza), svuotando ambulatori e ospedali e garantendo un migliore monitoraggio e maggiore continuità assistenziale a queste persone, in linea con gli obiettivi del Piano Nazionale della Cronicità.

Ma come insegna l’esperienza di altri settori industriali in cui il digitale ha già fatto da tempo il proprio ingresso, senza una revisione approfondita di processi e competenze, senza un nuovo modello di cura che integri percorsi clinici specifici per la cronicità e metta il paziente al centro di un lavoro multidisciplinare, la tecnologia non può da sola abilitare la trasformazione che cerchiamo.

Ed è proprio ad un nuovo modello di cura della cronicità che CareApt ha lavorato combinando tecnologia, competenze cliniche e attenzione meticolosa all’ ‘experience’ dei pazienti per trasformare – come recita la sua mission – la cura delle malattie croniche in un’esperienza di relazione e attenzione alla persona.

È infatti proprio dalle persone che popolano l’ecosistema delle diverse patologie croniche su cui si concentra il suo lavoro, dalla ricognizione dei loro bisogni e obiettivi di salute che è partita CareApt, con l’obiettivo di orchestrare intorno a loro le competenze che possono mitigare l’impatto della malattia sulla qualità di vita, per sostenerle in modo continuativo nell’ambiente fisico e psico-sociale in cui vivono.

CareApt si concentra in particolare sulle malattie neurodegenerative – malattie del sistema nervoso centrale che hanno carattere progressivo e che rappresentano secondo il Global Burden of Disease la prima causa di disabilità nel mondo.

In malattie come Parkinson e Alzheimer, ma anche per tutte le altre forme di demenza, è fondamentale non solo garantire un monitoraggio attento della salute dei pazienti, ma anche attivare l’intera gamma degli interventi non farmacologici di volta in volta appropriati a favorire il ‘coping’ con una sintomatologia che col tempo è sempre meno controllabile farmacologicamente. ‘Coping’ vuol dire: in quale altro modo posso svolgere un’attività che la malattia ha reso difficile e faticosa ma che devo fare o che voglio continuare a fare per sentirmi vivo, per non arrendermi alla disabilità? Questo è l’obiettivo di professioni sanitarie come l’infermiere, il terapista occupazionale e in casi più specifici il logopedista, il fisioterapista e lo psicologo che non sono sempre facilmente accessibili sul territorio con la continuità necessaria al successo dell’intervento riabilitativo. Ed è qui che la tecnologia può agire come un ponte che da un lato permette ai pazienti di accedere a queste competenze sanitarie senza spostarsi da casa e dall’altro struttura, orchestra e guida gli interventi sanitari garantendone l’appropriatezza.

CareApt ha identificato le competenze rilevanti per la cura delle patologie neurodegenerative, ha disegnato percorsi di assistenza individualizzati, strumenti di screening dei sintomi specifici per le diverse patologie che integrano scale cliniche validate e un processo di registrazione delle informazioni cliniche generate dall’interazione con i pazienti per condividerle con medici e specialisti che li hanno in cura, utilizzando la tecnologia come abilitatore di una medicina della cronicità collaborativa, personalizzata ed evidence-based.

ParkinsonCare, questo il nome della prima soluzione sviluppata da CareApt, è un servizio di teleassistenza infermieristica per persone affette da questa malattia reso disponibile all’inizio della diffusione della pandemia di Covid-19, e per tutto il 2020 in forma gratuita. Fornisce continuità assistenziale ai malati senza che debbano uscire di casa, attraverso un care manager specializzato che affianca i pazienti in telemedicina, mentre rende disponibili ai loro medici e specialisti curanti tutte le informazioni cliniche raccolte nell’interazione quotidiana con i pazienti per facilitarne l’intervento anche a distanza quando necessario.

CareApt comincia a lavorare a ParkinsonCare nel 2018, consapevole di andare a operare in un ecosistema complesso in cui oltre ai pazienti e alle loro famiglie ci sono neurologi, medici di base e l’intera gamma dei professionisti della riabilitazione. Un ecosistema che è stato minuziosamente mappato e ascoltato con oltre 500 interviste per identificare criticità, frustrazioni, asimmetrie informative ma anche forme di generosità del nostro personale sanitario spesso sommerse: come quella dei neurologi specializzati nei disordini del movimento che dedicano oltre 3 ore ogni settimana a rispondere a telefonate, messaggi whatsapp e mail dei pazienti in cerca di risposte a domande, dubbi e paure che la malattia suscita ogni giorno.

Alla base del progetto, c’è però anche un’esperienza molto personale, che riflette la grande rilevanza del fattore umano in questo progetto. “Sono stata caregiver di due persone con Parkinson per quasi 10 anni: so bene cosa vuol dire affrontare ogni giorno nuovi sintomi e non sapere cosa fare”, racconta infatti Orientina Di Giovanni, sottolineando l’incertezza e la vulnerabilità emotiva in cui vivono il paziente e i suoi familiari. ”Nella cronicità, c’è da colmare un vuoto – prosegue Orientina - e l’intervento più appropriato in molti casi non è necessariamente quello farmacologico: serve un coach sanitario che insegni alle famiglie come riconoscere i sintomi e come controllarli nella quotidianità per non arrendersi alla disabilità”. ParkinsonCare vuole dare risposta a questo bisogno, proponendosi come una soluzione di care & case management capace di combinare in un’unica interfaccia un’anima clinica e una empatica”.

 
 
 

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2. Come funziona il servizio

ParkinsonCare combina infatti una piattaforma digitale basata sui principi della medicina collaborativa e personale infermieristico specializzato nella malattia di Parkinson. Ogni paziente ha una infermiera dedicata raggiungibile ogni giorno dalle 9 alle 18 via telefono, videochiamata, email e SMS, che lo affianca attraverso un piano di assistenza infermieristica individualizzato, ma è anche sempre a disposizione per rispondere a domande, dubbi, incertezze e bisogni di rassicurazione ogni volta che sia necessario.
All’interfaccia umana rivolta verso il paziente si affianca una piattaforma di "Patient Relationship Management” che regola l’operatività dell’infermiere garantendone da un lato l’appropriatezza clinica e dall’altro la correttezza dei processi di monitoraggio e follow up, oltre a garantire la raccolta e la condivisione delle informazioni cliniche con il team multidisciplinare del paziente.

Operando attraverso la piattaforma, l’infermiera infatti utilizza scale cliniche validate e una suite di algoritmi digitali di triage che da un lato consentono di standardizzare la valutazione della sintomatologia riferita dal paziente, mitigando sia il bias dell’operatore sia il bias intrinseco all’operatività a distanza, e dall’altro rende disponibile al team multidisciplinare che segue il paziente un patrimonio di informazioni cliniche strutturate che permette finalmente di monitorare l’evoluzione di malattia di ogni paziente e di misurarne gli impatti sulla qualità di vita.

Tutte le informazioni raccolte dall’infermiera nell’interazione con il paziente vengono infatti ordinatamente archiviate e rese disponibili per il team multidisciplinare del paziente attraverso aree riservate della piattaforma. E al verificarsi di determinati sintomi di pertinenza del medico, la piattaforma attiva un sistema di alert per abilitare l’intervento del medico anche a distanza, attraverso le piattaforme di telemedicina di cui si è dotata la struttura presso la quale il professionista sanitario opera.

Nel disegno del database della piattaforma, CareApt si è infatti preoccupata di garantire che le informazioni rese disponibili ai clinici rispondano ai requisiti di correttezza, rilevanza e facilità di accesso. A questo scopo ha disegnato insieme a un team di neurologi una suite di 15 algoritmi di triage che integrano scale cliniche validate per il Parkinson (uno per ogni sintomo caratteristico della malattia) che guidano l’infermiere nella caratterizzazione dei sintomi riferiti dai pazienti. Gli algoritmi servono anche a raccogliere e archiviare i dati in modo clinicamente corretto e a selezionare le informazioni rilevanti per la valutazione del medico, consentendo alla piattaforma di generare referti in modo automatico e di notificarli ai medici ogni volta che si renda necessaria una loro valutazione. In questo modo i medici vengono coinvolti solo quando necessario, anche se nell’area riservata di ogni medico è possibile consultare la ‘storia clinica’ degli interventi dell’infermiere in ogni momento. È un processo nuovo che da un lato libera tempo dell’infermiere da dedicare ad altri pazienti, evitandogli di refertare manualmente ogni colloquio e dall’altro libera tempo del medico perché non deve più fare un lavoro diverso dal suo, rispondendo a decine di mail, messaggi e telefonate che i medici stessi riconoscono di non essere di loro pertinenza almeno nel 40-50% dei casi.

“Il nostro modello – spiega ancora Orientina Di Giovanni - vuole favorire tre evoluzioni fondamentali. La prima avviene nello “spazio” con lo spostamento delle cure dall’ospedale/ambulatorio alla casa del paziente, evitando spostamenti spesso estenuanti per chi vive con una disabilità motoria ma anche risparmiando al sistema sanitario accessi ad ambulatori e ospedali spesso inappropriati. La seconda evoluzione avviene nel tempo: da un’assistenza sanitaria “discreta”, che si estrinseca in due o tre visite di controllo all’anno con lo specialista, ad una assistenza “continua” resa possibile dall’introduzione di un care manager (l’infermiere) e della telemedicina. In questo modo non solo il paziente è seguito in modo più continuo, ma anche i clinici possono finalmente avere una visione più completa e puntuale della malattia, perché si apre una finestra sulla vita del paziente nel suo ambiente psico-sociale che permette di cogliere i suoi reali bisogni di ‘coping’ con la sintomatologia. La terza evoluzione riguarda il passaggio dalla terapia farmacologica come unica risorsa di cura all’integrazione delle terapie non farmacologiche, che in particolare nelle malattie neurodegenerative rappresentano la risorsa elettiva per impattare sulla qualità di vita del paziente, avendo questi interventi proprio l’obiettivo di preservare l’autonomia della persona il più a lungo possibile”.

Tre passaggi fra loro strettamente collegati che in CareApt credono possano generare benefici per tutti gli stakeholder di un ecosistema di cure integrato perché digitalmente connesso: per il paziente che beneficia di maggiore continuità assistenziale direttamente a casa, per i medici che possono contare su un monitoraggio accurato dei pazienti e sulla possibilità di intervenire più tempestivamente nelle esacerbazioni di malattia, per il sistema sanitario nel suo complesso che risparmia accessi inappropriati a strutture sanitarie pensate per la medicina dell’acuto o per le visite mediche di controllo.

3. L’importanza di una piattaforma interoperabile

Accorciare le distanze, personalizzare le interazioni, registrare e condividere le informazioni cliniche che abilitano decisioni in qualsiasi momento, orchestrare gli interventi: questo il ruolo della tecnologia nel progetto ParkinsonCare . La piattaforma di Patient Relationship Management integra e coordina i processi, permette di ridisegnare i journey semplificando le interazioni, consentendo a tutti i soggetti coinvolti la possibilità di accedere alle vista unica e aggiornata del paziente.

La scelta di Salesforce e della suite Health Cloud per la gestione dell’intero ciclo vita del paziente risponde a diversi obiettivi: a cominciare dalla disponibilità di una rete di partner (come Zingtree, il software utilizzando per il disegno degli algoritmi di triage) in grado di assicurare l’apporto di applicazioni verticali utili per le specifiche esigenze di CareApt. “I principali criteri che hanno guidato la selezione – ha precisato Orientina Di Giovanni – sono stati la scalabilità e l’affidabilità, perché siamo convinti che la tecnologia debba gestire gli aggiornamenti senza costringerci a diventare un’azienda di Information Technology: noi siamo un ambulatorio di Teleneurologia e per di più una startup. Cercavamo inoltre massima interoperabilità, perché nel mondo sanitario la tecnologia è un arcipelago di sistemi diversi e noi dobbiamo poter parlare con tutti. La piattaforma di PRM, infine, rappresenta un terreno su cui far fiorire altre tecnologie, dagli algoritmi clinici alla sensoristica, dalle chatbot di intelligenza artificiale alla realtà aumentata e virtuale. E più fertile e ricco è questo terreno, più dialoga con le più interessanti innovazioni, più anche noi potremo essere innovativi e agili in futuro”.

4. I benefici dell’assistenza sanitaria data driven

Il primo test di scalabilità della piattaforma, CareApt l’ha affrontato a due mesi dal primo rilascio. Il 12 marzo 2020 – quando il nostro Paese si è trovato per primo ad affrontare in Europa la sfida della pandemia, chiudendo ambulatori e riconvertendo interi reparti ospedalieri alla cura dei pazienti con Covid-19 – su impulso di Confederazione Parkinson Italia Onlus, l’associazione delle persone con Parkinson, e con il patrocinio di Accademia Limpe/Dismov, la società scientifica dei neurologi specialisti nei disordini del movimento, ParkinsonCare ha deciso di operare gratuitamente per garantire continuità assistenziale alle persone con Parkinson isolate nelle proprie case e senza più accesso ai medici.

Qualche settimana dopo, due importanti partner hanno aderito all’iniziativa solidale: l’Istituto Besta garantendo il supporto dei propri neurologi attraverso la propria piattaforma di telemedicina allestita a tempo di record, e Villa Margherita di Arcugnano, il centro di riabilitazione certificato dalla Parkinson Foundation, di proprietà del Gruppo Kos Care, che ha reso disponibili fisioterapisti, logopedisti e psicologi sempre in telemedicina.

Nel corso del 2020, ParkinsonCare ha fornito assistenza a oltre 700 pazienti, effettuando oltre 6.000 interventi in teleassistenza e orchestrando quasi 300 televisite con neurologi, fisioterapisti, logopedisti e psicologi, dando così vita alla prima rete digitale integrata nel Parkinson. Un’esperienza che è stata presentata in un paper pubblicato da una rivista internazionale come Parkinsonisms and Related Disorders e selezionata tra le più innovative in una Review di Nature Neurology.

I risultati di una ricerca condotta dal CRCHead – Department of Biomedical Sciences for Health – dell’Università degli Studi di Milano per esplorare la percezione dei pazienti, sono stati molto incoraggianti: il servizio è risultato infatti facilmente accessibile per il 97% degli intervistati e ha permesso di migliorare il controllo e la conoscenza dei sintomi della malattia per l’88% e l’86% dei rispondenti. Dalla ricerca è inoltre emerso come circa la metà dei pazienti con una visita di controllo programmata durante il periodo di distanziamento sociale abbia potuto sostituirla con la telemedicina e con la teleassistenza infermieristica. I neurologi che hanno utilizzato il servizio, a loro volta, confermano il miglioramento della qualità del lavoro svolto grazie alle maggiori informazioni disponibili nel corso delle visite di controllo.

5. Le applicazioni future

Sulla scorta dell’esperienza e dei risultati ottenuti nel Parkinson, Careapt già a metà 2020 ha iniziato a lavorare ad una nuova release dedicata alle persone con Demenza e ai loro caregiver: DemedyaCare.

La versione Beta si appresta a concludere la fase di test iniziata a Luglio 2021, che ha coinvolto circa 60 persone tra pazienti e caregiver, con risultati estremamente incoraggianti in diversi setting regionali di cura delle demenze.

Qui il care manager è il terapista occupazionale che opera come un coach per il caregiver al fine di promuoverne le competenze assistenziali e monitorarne il burden attraverso lo sviluppo di un Piano di Coaching Occupazionale Individualizzato, sotto la supervisione di un’èquipe coordinata da un geriatra e con il supporto di psicologi specializzati nella sindrome di burnout del caregiver. Al monitoraggio clinico dei pazienti, spesso anziani e multimorbidi, provvede invece l’infermiere attraverso sessioni di screening trimestrali della sintomatologia e del carico anticolinergico generato dalla terapia.

L’obiettivo e l’ambizione di DemedyaCare riflettono perfettamente la filosofia che ha ispirato sin dall’inizio tutto il lavoro di CareApt: affiancare l’anello più debole dell’ecosistema per generare valore per tutti. Con il supporto irrinunciabile della tecnologia e attraverso una trasformazione digitale dei processi che parte dall’esperienza delle persone: i malati, i caregiver ma anche i loro medici.

 
 

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Ulteriori risorse

 

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